Oggi affrontiamo un tema delicato: l'Omessa dichiarazione dei redditi. Con l'avvento dei moderni computer ed il considerevole sviluppo della rete internet, si è assistito ad un notevole cambiamento in diversi settori dell'economia, tra cui anche quello degli investimenti. Infatti, mentre prima per poterli effettuare si doveva avere una considerevole esperienza nel settore e l'accesso al loro mercato era limitato in pratica agli addetti ai lavori, adesso invece pressoché tutti possono accedervi per eseguire svariate operazioni. Il tutto anche grazie al cosiddetto trading online.
Questa non è altro che un'attività di compravendita, anche di genere speculativo, di molteplici prodotti finanziari e in vari mercati specifici, attraverso l'uso di dispositivi elettronici quali computer o smartphones ed utilizzando la rete internet ed in particolare delle apposite piattaforme online messe a disposizione da società del settore per degli utenti interessati (chiamati trader). I prodotti finanziari oggetto di quest'attività possono essere i più diversi: azioni, titoli di Stato, materie prime, valute ed altri ancora.
Potendosi svolgere inoltre con l'uso di un computer o di un semplice smartphone, questa attività non richiede un ufficio o una postazione particolare, di conseguenza la si può effettuare anche da casa, seduti comodamente ad una scrivania o sul divano. Inoltre, altro elemento che ha permesso la sua veloce diffusione, è il fatto che tale genere di operazioni può essere svolta da tutti, anche senza una particolare conoscenza approfondita di attività finanziaria.
Poi, gli investimenti e quindi la compravendita dei diversi prodotti può avere durata variabile. Infatti tra l'acquisto e la vendita possono passare da alcuni minuti fino a svariate ore. Il trading, essendo un'attività economica speculativa, può portare a guadagni e perdite, anche notevoli. E nel caso si ottenessero dei profitti, come vedremo, pur essendo maturati su internet, essi devono essere sottoposti a tradizionale tassazione, così come qualsiasi altro genere di entrata economica o reddito per un soggetto fisico o giuridico.
Il trading online è un’attività speculativa e di investimento in costante ascesa che comporta delle perdite, ma anche dei guadagni; tuttavia ciò che si guadagna online con il trading è sottoposto a regime fiscale.
Molti trader, anche esperti, prestano troppa poca attenzione agli aspetti fiscali, ma l’omessa dichiarazione dei redditi da attività di trading comporta gravi sanzioni e, in alcuni casi illeciti penali; si raccomanda di non lasciare mai nulla al caso e che ovunque si generi un reddito di una certa entità, questo necessita di essere dichiarato ai fini fiscali.
L’evasione fiscale e l’omessa dichiarazione dei redditi è un reato penale che, stando alle norme attuali, si configura nel caso in cui viene superata la soglia di rilevanza penale per i reati tributari, ovvero 50.000 €. La dichiarazione dei redditi si considera omessa allo scadere dei 90 giorni previsti per la presentazione del modello 730 o Modello Unico da parte del contribuente non esonerato; allo stesso modo l’eventuale imposta dovuta si intende evasa quando corrisponde all’ammontare da versare al netto delle somme già versate prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione. Il reato di omessa dichiarazione dei redditi comporta la reclusione da 1 a 3 anni.
Una sentenza della Corte di Cassazione ha, però, segnato una svolta a favore dei contribuenti. La sentenza 31343/19 depositata il 19 luglio 2019 accoglie il ricorso di un contribuente in sede di Appello condannato a 9 mesi di reclusione per reati penali e sancisce che per attestare la sussistenza del reato bisogna dimostrare che vi sia stata la volontà concreta di evadere le imposte. In sostanza, la Cassazione stabilisce l’obbligo da parte dell’Agenzia delle Entrate di fornire la prova specifica della volontà di evasione, in quanto non è più sufficiente violare l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, né addurre la mancata vigilanza sull’attività del commercialista.
È sempre obbligatorio dichiarare un conto trading italiano o estero in regime dichiarativo (quando è il trader in prima persona a occuparsi degli aspetti fiscali legati al conto trading e ai redditi generati da questa attività). Si ricorda che coloro che operano nel trading optando per il regime sostitutivo sono agevolati nello svolgimento delle pratiche fiscali in quanto la stessa piattaforma di trading funziona da “sostituto di imposta” nei confronti dell’Erario – purché la piattaforma sia regolamentata.
L’obbligo di dichiarazione è contemplato sia quando si registrano delle plusvalenze che delle minusvalenze e anche quando non si sono effettuate operazioni sul conto trading, nello specifico:
Il mancato ottemperamento degli obblighi fiscali in materia di attività di trading produce le seguenti tipologie di sanzioni:
Per quanto riguarda, invece, le sanzioni previste per il monitoraggio fiscale (mancata compilazione del quadro RW), sono previste:
In materia fiscale bisogna essere sempre molto cauti e attenti per non incorrere in penali e sanzioni anche se si opera in buona fede e senza volontà o malizia di evasione. Le cose importanti da ricordare, nel momento in cui di decide di intraprendere un investimento da trading online, sono la consapevolezza che i guadagni non sono “regalati”, bensì regolamentati e sottoposti a regime fiscale e controlli severi e quindi si tratta di un reddito come un altro che va dichiarato, tuttavia è bene rassicurare che gli aspetti burocratici non sono difficili da ottemperare … purché si ci ricordi di farlo; quindi se possiedi un conto trading ricordati di:
Il trading online è un’attività che si esercita senza apertura di partita IVA e senza posizioni INPS, condizioni che comportano pregi e difetti allo stesso tempo, ma rappresentano comunque un risparmio per il trader.
In considerazione di quanto finora è stato detto, quindi è consigliabile sempre inserire i profitti derivanti dal trading online nella propria dichiarazione dei redditi, al fine di evitare problemi finanziari ma soprattutto di natura penale.
Hai problemi a capire come funziona il mondo delle Tasse sul Trading? Oggi affronteremo questo argomento assieme. Una delle attività che ha riscontrato un considerevole sviluppo a seguito della diffusione dei computer e di internet è stata quella del cosiddetto trading online. Questo consiste, in pratica, nella compravendita di diversi prodotti finanziari (come ad esempio materie prime, titoli e valute) su vari mercati, effettuata attraverso l'intermediazione di cosiddetti Broker o società specializzate e che mettono a disposizione delle persone interessate dei programmi e delle piattaforme online. Tale attività si può tranquillamente svolgere attraverso computer o smartphone.
Essendo un'attività di compravendita finanziaria non diversa da altre ed in cui è possibile anche riuscire a raccogliere dei profitti, per coloro che annualmente vi ottengono dei guadagni e quindi delle entrate si profila anche il dovere di pagarvi delle imposte. Di conseguenza, ciascuno di tali soggetti è tenuto a pagare le tasse sul trading. Andiamo ad approfondire meglio questo particolare argomento, non sempre molto conosciuto dalla maggior parte delle persone.
Ad essere dichiarata deve essere la differenza tra quanto investito inizialmente su un'attività finanziaria online e quanto realmente guadagnato da essa. Tale differenza viene chiamata Capital Gain o guadagno in conto capitale o, ancora, plusvalenza finanziaria. Tuttavia, come vedremo, a poter essere inserite e pertanto dichiarate possono essere anche le eventuali perdite ottenute. Comunque, l'imposta su tali introiti si attesta attualmente al 26%.
Le modalità attraverso cui si possono pagare le tasse su tali introiti sono due, quindi avremo due regimi fiscali differenti:
Scopriamo di più sulle tasse sul trading.
In particolare, all'interno di quest'ultimo modello, si deve andare al quadro RT (Plusvalenze di natura finanziaria) e compilare la sezione specifica inerente la situazione del singolo soggetto e che riguarda tutti i profitti ottenuti dall'attività di trading, oltre a quelli derivanti da Future, Option e Contratti Forward e che vanno sotto la denominazione di "Altri redditi diversi di natura finanziaria".
Nello specifico, la sezione I si riferisce a plusvalenze e redditi realizzati fino al 30 Giugno 2014 e tassati al 20%, mentre la sezione II a quelli ottenuti e quindi decorrenti da tale data e che sono tassati invece al 26%. Come dicevamo, è possibile anche conteggiare e dichiarare le perdite subite, per cui si avrà la possibilità di dedurne una percentuale.
Una volta effettuata la dichiarazione di plusvalenze e perdite tramite modello Unico, si dovrà pagare la relativa imposta attraverso modello F24 e da compilare con un codice tributo specifico in base proprio alla tipologia dei proventi e alla loro derivazione. Il tutto deve essere effettuato naturalmente entro le scadenze indicate per la dichiarazione dei redditi di ciascun anno.
Comunque, considerando alcune volte la complessità della materia fiscale, ciascun soggetto che svolge attività di trading online e che intende avere chiarimenti su come dover dichiarare i profitti da essa derivanti ed eventualmente pagare delle imposte su tale attività, può rivolgersi sia a dei competenti studi di commercialisti, che eventualmente ai Caf presenti nella propria città.
Nel caso in cui, invece, si vogliano prendere informazioni direttamente su internet, è possibile trovare sia istruzioni esplicative che moduli e modelli sul sito dell'Agenzia delle Entrate. Questi si possono scaricare sul proprio computer sotto forma di allegati Pdf ed eventualmente anche stampare.
Come si può fare per non pagare le imposte sul trading online nel nostro stato rimanendo nella legalità? Le soluzioni possibili riguardano il pagare meno tasse, senza per forza emigrare o passare in Paradisi fiscali, rimanendo nella legalità. Quando infatti si parla di tassazione delle rendite finanziarie, una delle domande che maggiormente ci si pone, o meglio che si vuole porre in veste di broker o investitore professionale, è proprio il modo per non pagare le imposte sul trading online. Per capire se esistono possibilità per non pagare imposte, o quantomeno ridurre il carico fiscale sulle rendite finanziarie derivanti dall’attività di trading, bisogna prima comprendere come avviene la tassazione nella nostra nazione di questi redditi. Solo così sarà possibile capire se ci possono essere delle piccole alternative praticabili, non commettendo atti illegali.
Quella però espressa tra queste righe è una mera soluzione teorica, quindi è sempre bene fare riferimento al proprio commercialista. La scelta del broker è di fondamentale importanza per capire come operare ai fini della tassazione del vostro capital gain. Uno dei primi consigli da tenere a mente e da non escludere, è quello di affidarsi ad intermediari che operano con autorizzazioni a livello europeo, questo aspetto vi farà subito riconoscere intermediari seri ed affidabili, in quanto soggetti continuamente a controllo da parte delle autorità UE. Il secondo consiglio su come avere un controllo diretto dei vostri guadagli e della loro tassazione, è quello di scegliere un broker o intermediario avente sede in Paese estero.
È decisamente meglio affidarsi ad intermediari con sede in UE, e con autorizzazione, ma con sede fuori dal territorio italiano (non c’è alcuna preclusione nella scelta del broker), ma ricordatevi che scegliere un intermediario estero, non significa andare incontro ad evasione fiscale. In questo caso gli intermediari esteri si limiteranno a inviare la rendicontazione relativa a tutti gli interessi e minusvalenze dell’anno precedente, lasciando poi al trader il mero compito di compilare la propria dichiarazione dei redditi, includendo però anche tutti i redditi derivanti da capital gain. Quindi, se vogliamo orientarci sul tecnico, anche in questo modo non è possibile fare del vero trading online senza pagare le tasse, direttamente o indirettamente. Per quanti di voi possano pensare che per non pagare le imposte sul trading, sia bastevole evitare di inserire in dichiarazione dei redditi i prospetti relativi a interessi e plusvalenze, forniti dal broker estero: sappiate che è molto più difficile di quanto pensiate.
Coloro che fanno del trading online, come detto, sono soggetti al pagamento delle imposte sulla quota di guadagni ottenuti da tale attivitá annualmente. E da qualche anno a questa parte, l'imposta sostitutiva su tali profitti da investimento si attesta al 26% di quelli complessivi. Lo Stato sottopone a tassazione le plusvalenze ottenute da investimenti, in particolare quando un Trader vende un prodotto finanziario ad un valore superiore a quello di acquisto o quando un investitore ottiene dei dividendi dal possesso di azioni o di fondi d'investimento specifici, come quelli ETF.
Le tasse sul trading che annualmente un soggetto è tenuto a pagare fanno riferimento, in pratica, al profitto al netto delle perdite. In altre parole, se l'investitore durante l'anno ha ottenuto profitti per un importo di 1.000 Euro e, nello stesso periodo, ha visto perdite per 600 Euro su altri investimenti effettuati, la somma su cui dovrá pagare le tasse è 400 Euro (1.000 – 600). Questo genere di tasse sul trading, poi, si applicano su diversi strumenti finanziari su cui si effettuano tali investimenti, come ad esempio materie prime, metalli preziosi, azioni, obbligazioni, fondi e criptovalute.
Per quanto riguarda il livello delle tasse sul trading, in Italia, la situazione non risulta peggiore rispetto ad altri Paesi sia europei che extraeuropei. Tuttavia, nel Vecchio Continente, gli Stati ideali dove poter effettuare investimenti, pagando imposte minime se non proprio nulle sui profitti ottenuti, sono la Svizzera e Malta. In questi Paesi, fare del trading online risulta essere particolarmente vantaggioso. Fuori dall'Europa, invece, esistono i cosiddetti paradisi fiscali, come ad esempio gli Emirati Arabi Uniti o Singapore, che non applicano invece imposte.
Considerando che nel nostro Paese si è tenuti a dichiarare qualsiasi genere di profitto derivante da investimenti, allora conviene scegliere il regime fiscale migliore per il pagamento delle tasse sul trading. Se si effettuano diverse operazioni di investimento o transazioni all'anno, allora conviene utilizzare il sistema dichiarativo. Nel caso in cui, invece, si effettuassero poche operazioni, al massimo 2 o 3 annualmente, il regime fiscale amministrato o sostitutivo risulta essere maggiormente conveniente.
Speriamo che il nostro articolo sulle tasse sul trading vi sia stato utile.
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Da un pò di tempo fare gli investimenti finanziari online è divenuto abbastanza comune. Infatti, il trading affascina molte persone. Grazie alle molte opportunità che dona, alle mille strategie offerte e alle promesse di ottenere guadagni consistenti guadagni, restando comodamente al proprio pc.
Una delle dinamiche finanziarie che risultano sempre più di tendenza è il trading online, un fenomeno che si è affermato in seguito alla digitalizzazione.
In Italia sono numerosi coloro che ogni giorno si avvicinano al trading online. Del resto non è difficile trovare siti che offrono consigli per il trading di vario genere, così come che propongono strategie di trading o informazioni di vario genere, come ad esempio Forza Trading. Perché questo tipo di attività dia una certa soddisfazione è però importante comprendere che è necessario considerare del tempo, non solo all’inizio, per la formazione personale.
Il broker viene visto a livello finanziario come un intermediario che offre una compravendita di titoli per terzi: il suo compito è quello di segnalare al mercato tutti i tipi di vendita o di offerte precedentemente comunicate dai suoi clienti. Quindi nel campo economico cerca di organizzare delle transazioni tra acquirente e venditore, guadagnerà quindi attraverso una commissione solo al momento che l'affare si sarà concluso.